I consigli dello psicologo statunitense Edgar Schein per creare buone relazioni interpersonali nell’ambito amicale e professionale.
“Un individuo è un fascio di relazioni, un nodo di radici, il cui fiore e il cui prodotto è il mondo.”
(Ralph Waldo Emerson)
Come esseri umani siamo biologicamente programmati per coltivare relazioni interpersonali. Alla base di tale istinto innato, si nasconde il grande vantaggio evolutivo che la collaborazione all’interno di un gruppo sociale, ha rappresentato per la sopravvivenza dei nostri antenati.
Gli individui capaci di interpretare correttamente le dinamiche relazionali instaurate con altri individui, sono in grado di rispondere in maniera adeguata in termini comunicativi e comportamentali, ottenendo grandi vantaggi in tutti gli ambiti della loro vita.
La relazione diretta fra qualità delle relazioni e felicità richiede di affinare costantemente le proprie abilità sociali, con particolare attenzione al contesto lavorativo, un ambito nel quale le dinamiche relazionali possono diventare estremamente complesse a causa degli alti livelli di competizione, di sudditanza o di responsabilità gerarchica cui si viene esposti.
Per approfondire: Felicità e qualità delle relazioni umane
Abilità interpersonali ed umile ricerca di informazioni
“Per sfociare in una relazione, un dialogo dev’essere sociologicamente paritario ed equilibrato. Se desidero costruire un rapporto, devo cominciare a investirci. L’umile ricerca di informazioni è un investimento anticipato di attenzione. Con le mie domande è come se dicessi all’altra persona: «Sono disposto ad ascoltarti e mi rendo vulnerabile nei tuoi confronti.»”
(Edgar Schein)
La complessità di una società culturalmente diversificata, dovrebbe rendere le persone più consapevoli di quanto la propria visione del mondo possa rivelarsi inadeguata, quando si entra nell’ambito dell’interazione sociale.
Le abilità interpersonali dovrebbero essere affinate tramite l’umile ricerca di informazioni, un concetto che lo psicologo statunitense Edgar Schein definisce come: «l’arte sottile di indurre l’interlocutore ad aprirsi, di fare domande di cui non si conosce la risposta, di costruire una relazione fondata sulla curiosità e sull’interesse per l’altra persona».
Nell’ambito della leadership questo aspetto è ancor più cruciale. I leader delle organizzazioni dovrebbero avere costantemente la percezione del clima che si respira in azienda, ed è solo mettendosi in ascolto con umiltà che si attiva una comunicazione dal basso verso l’alto incentrata sulla trasparenza, il confronto e la reciproca fiducia.
Per approfondire: Il potere delle domande
Le relazioni interpersonali sul lavoro
“Nella lunga storia del genere umano (e anche del genere animale) hanno prevalso coloro che hanno imparato a collaborare ed a improvvisare con più efficacia.”
(Charles Robert Darwin)
Nell’ambito aziendale la difficoltà nel domandare cresce proporzionalmente all’aumentare del ruolo gerarchico. Il paradosso è che sono proprio le figure manageriali a trarre i maggiori benefìci dall’umile ricerca di informazioni. La buona riuscita di una impresa di squadra necessita di collaborazione, mentre molti dei modelli di leadership di riferimento sono incentrati sulla competizione, sulla delega di responsabilità e sull’imposizione.
Un dialogo sociologicamente equilibrato richiede un investimento in termini di umiltà che Schein divide in tre tipologie:
• L’umiltà di base, che si acquisisce per nascita o posizione gerarchica.
• L’umiltà facoltativa, che nasce dall’ammirazione per una persona di successo.
• L’umiltà qui ed ora, che nutriamo nel momento stesso in cui dipendiamo da qualcuno per svolgere una determinata attività.
La pratica dell’umile ricerca di informazioni si basa su una riconosciuta interdipendenza nel qui ed ora, senza la quale il clima e la performance del gruppo di lavoro sarà inevitabilmente penalizzata, effetto che sarà tanto più amplificato quanto più il contesto di riferimento risulta eterogeneo. Spesso chi ha una posizione di responsabilità è consapevole di essere interdipendente da altre persone gerarchicamente inferiori, ma non è disposto ad ammetterlo.
Per approfondire: I sei stili della leadership emotiva
Comunicazione interpersonale e ciclo di ORGI
“La tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione.”
(Carl Rogers)
L’umiltà qui ed ora dovrebbe operare in sinergia con l’efficace ricerca di informazioni, una abilità che richiede di ridurre al minimo il rischio di giudicare in maniera errata i comportamenti e le affermazioni altrui. Il cervello umano è programmato per risparmiare energie e tende a semplificare, distorcere e generalizzare la realtà, trasformandola in percezioni influenzate dalle esperienze passate, dall’aspettativa, e da ciò che in un determinato momento riteniamo importante.
Il modello semplificato proposto da Schein per illustrare tali dinamiche prende il nome di ciclo di ORGI, consente di migliorare la qualità della comunicazione interpersonale, e si articola in quattro fasi:
1. Osservazione: la registrazione attraverso i sensi di ciò che avviene nell’ambiente circostante. Poiché il dispendio energetico richiesto per catturare tutte le informazioni sensoriali sarebbe insostenibile, il cervello ne effettua un filtraggio lasciando passare solo ciò che ritiene utile. Attraverso questo meccanismo nasce la visione soggettiva della realtà, quell’insieme di percezioni soggette a distorsioni che prendono il nome di bias cognitivi.
Per approfondire: I bias cognitivi ed i limiti della ragione
2. Reazione: la fase nella quale vengono elaborate le informazioni ottenute dal processo di osservazione, alimentando pensieri ed emozioni. La reazione emotiva non sempre si attiva in risposta all’osservazione, e potrebbe addirittura anticiparla o attivarsi parallelamente ad essa. Una corretta integrazione all’interno di un gruppo sociale, è soggetta ad una serie di norme che determinano l’opportunità o meno di esprimere tali sentimenti. La tendenza ad agire istintivamente sotto l’influsso di un’emozione è un fenomeno che più di altri rischia di far violare tali norme.
3. Giudizio: la valutazione finale che emerge dalle informazioni raccolte. La capacità di analizzarle con lucidità prima di agire istintivamente, è una delle abilità principali per una gestione efficace delle emozioni. Affinché un giudizio risulti affidabile è necessario:
• Un alto livello di consapevolezza dei propri sentimenti, ad esempio chiedendosi «Che cosa sto provando in questo momento?».
• Prendersi il tempo necessario, ove possibile, evitando di agire di istinto.
• Costruire premesse attendibili. Le analisi ed i giudizi emessi non possono essere validi, quando non lo sono i dati su cui si basano.
• Riconoscere che la nostra capacità di ragionamento è limitata, evitando di dare troppe cose per scontate.
4. Intervento: terminata la fase di giudizio si può decidere o meno di agire. La dinamica più pericolosa in questo ambito è la convinzione di essere sotto attacco, un errore di giudizio che innesca un contrattacco inadeguato che l’interlocutore farà fatica a comprendere.
Per approfondire: Comunicazione efficace
Consigli di lettura L’arte di far domande. Quando ascoltare è meglio che parlare (Edgar H. Schein) |