Conoscere se stessi: la finestra di Johari

    Finestra di Johari
    • Aggiornato il: 10-06-2022

    Conoscere se stessi: la finestra di Johari

    La finestra di Johari: uno schema concettuale che favorisce il conoscere se stessi attraverso gli occhi degli altri.

    “Porto in me un individuo irrivelato. Mi conosce, ma non so niente di lui, eccetto che la mia persona è la sua ombra con i suoi appetiti inconfessabili e il suo bisogno di segreto.”
    (Joë Bousquet)

    «Conosci te stesso» è la massima iscritta nel tempio di Apollo a Delfi, attraverso la quale il Dio delle Arti sottolineava la limitatezza dell’essere umano. Riconoscere i propri limiti significa creare le condizioni per superarli più e più volte. Per farlo Platone suggeriva di ispirarsi al dáimōn, la divinità minore che è in ognuno di noi.

    Uno strumento meno filosofico ed indubbiamente più pratico, consiste nel conoscere se stessi attraverso gli occhi degli altri. A tal proposito gli psicologi americani Joseph Luft e Harry Ingram hanno definito la finestra di Johari, una matrice a quattro quadranti che consente di schematizzare il livello di conoscenza che una persona ha di sé.

    Cosa indica la finestra di Johari?

    “Non siamo un’isola; ciò significa che per trovare il tesoro abbiamo bisogno di altre persone, quelle di cui ci fidiamo e che ci conoscono meglio[…] Ascoltare il loro parere, chiedere il loro feedback, sarà un passaggio molto importante per scoprire il grado della nostra selfawareness, consapevolezza.”
    (Paolo Gallo)

    Nella sua semplicità, la finestra di Johari rappresenta un modello estremamente potente per comprendere ciò che coscientemente riveliamo di noi, ma anche ciò che comunichiamo in maniera del tutto inconsapevole alle persone che ci circondano.

    Le dimensioni di analisi coinvolte sono due: il grado di conoscenza di sé, ed il grado di conoscenza che gli altri hanno di noi, relativamente a tutto ciò che caratterizza la personalità umana. Dalla combinazione delle due dimensioni di analisi si ottengono quattro quadranti:

    1. Arena (noto a sé e agli altri)

    “Non ho mai sopportato la sufficienza dei fiori finti, che restano belli per sempre e proprio per questo non sono belli mai.”
    (Giorgio Faletti)

    Il quadrante Arena rappresenta la versione originale del nostro Io: tutto ciò che di noi conosciamo in termini di pensieri, emozioni, desideri e valori, che comunichiamo apertamente alle persone con cui ci relazioniamo.

    Essere la versione originale di sé, significa mettere da parte la maschera che spesso indossiamo per sentirci meno vulnerabili, e cominciare a vivere pienamente la vita.

    Con i dovuti accorgimenti, ampliare il quadrante arena significa aumentare significativamente il senso di libertà percepito nelle interazioni con gli altri, una sensazione che regala grande fiducia in sé, innescando un circolo virtuoso di miglioramento dell’autostima.

    Per approfondire: Fiducia in sé: come aumentare autostima e autoefficacia

    2. Facciata (noto a sé e ignoto agli altri)

    “A volte si maschera la propria sensibilità per non essere considerati deboli.”
    (Angela Randisi)

    La facciata è indicativa delle maschere che indossiamo in un determinato contesto sociale, per camuffare ciò che riteniamo inadatto a quel particolare contesto.

    Attraverso il controllo dell’esteriorità è possibile nascondere debolezze ed amplificare le proprie capacità, così da indirizzare la percezione altrui su ciò che riteniamo rilevante. Quello che è un normale meccanismo di adattamento relazionale, può rivelarsi estremamente controproducente quando la componente sociale dell’identità prende il sopravvento su ciò che siamo realmente.

    Nascondere costantemente  la parte più vera di sé, è un’impresa ardua che alimenta la paura del giudizio altrui. A differenza di quanto si potrebbe pensare, ci si sente sbagliati principalmente per la convinzione personale di essere inadeguati, una profezia che si autoavvera nel momento stesso in cui rincorriamo una falsa immagine del nostro Io.

    Per approfondire: Senso di inadeguatezza (come nasce e come gestirlo)

    3. Punto cieco (ignoto a sé e noto agli altri)

    “Ciò che conosciamo di noi è solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa.”
    (Luigi Pirandello)

    Il punto cieco è il quadrante dedicato alle cose che gli altri sanno di noi, delle quali siamo totalmente ignari. Come è noto, gran parte della comunicazione passa dagli aspetti non verbali in maniera del tutto inconsapevole alla coscienza.

    Le persone con le quali ci relazioniamo, soprattutto quelle dotate di alti livelli di empatia, sanno cogliere molto bene queste informazioni, ed i loro feedback possono essere fonte di grande crescita personale.

    Conoscere se stessi attraverso gli occhi degli altri è una delle strategie più efficaci per lo sviluppo della consapevolezza di sé, che consente di chiarire le diverse identità che ci caratterizzano a livello professionale, relazionale, famigliare e personale.

    Per approfondire: Consapevolezza di sé

    4. Ignoto (ignoto a sé e agli altri)

    “È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza.”
    (Socrate)

    L’ignoto definisce la parte più nascosta dentro ognuno di noi, che risulta sconosciuta a noi ed agli altri.

    L’unica strategia per scoprire il contenuto di questo particolare quadrante, consiste nello sperimentare esperienze diverse nel corso di tutta la propria vita. Le passioni, ad esempio, non sono necessariamente qualcosa di innato, e spesso nascono in maniera del tutto casuale dalla pratica di una nuova esperienza.

    Per approfondire: Il coraggio di osare

    La finestra di Johari nella comunicazione interpersonale

    “La comunicazione avviene quando, oltre al messaggio, passa anche un supplemento di anima.”
    (Henri Bergson)

    Se da un lato l’esposizione trasparente della propria personalità è una forma di libertà e di arricchimento personale, determinate confidenze fatte a persone poco affidabili potrebbero risultare inopportune, renderci vulnerabili e alimentare sentimenti di grande delusione.

    Aprirsi agli altri è una necessità da esercitare con attenzione, ed è fondamentale conoscere bene coloro a cui stiamo consegnando le chiavi della nostra intimità. L’apertura dovrebbe essere reciproca ed avvenire con gradualità, affinché sia possibile valutare il sincero interesse della controparte.

    Per approfondire: Relazionarsi con gli altri (i 30 punti del metodo Carnegie)

    Consigli di lettura

    Intelligenza sociale ed emotiva. Nell’educazione e nel lavoro (Daniel Goleman)

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