Come valutare la credibilità di una persona

    Come valutare la credibilità di una persona
    • Aggiornato il: 28-03-2021

    Come valutare la credibilità di una persona

    La metodologia ETaC di Paul Ekman per la valutazione della credibilità di una persona.

    “Si può fingere qualunque emozione per cercar di nasconderne qualunque altra. Il sorriso è la maschera usata più spesso. Esso controbilancia tutta la gamma delle emozioni negative: paura, rabbia, dolore, disgusto, ecc. Spesso la si sceglie perché un’espressione di felicità, è il messaggio atto a coprire molti tipi d’inganno.”
    (Paul Ekman)

    Fra i numerosi lavori di Ekman, psicologo statunitense famoso per le sue ricerche sulle espressioni facciali, merita particolare attenzione la metodologia ETaC (Evaluating Truthfulness and Credibility), che definisce le linee guida per la valutazione del livello di credibilità di una persona:

    1. Baseline

    Per poter valutare correttamente la credibilità di una persona è fondamentale partire dalla sua baseline, ovvero dalla gestualità, dalle espressioni, e dal linguaggio verbale che ne caratterizzano lo stile naturale, eventualmente contestualizzato all’ambiente in cui si trova.

    Identificata la baseline, ogni variazione rispetto ad essa potrà essere valutata con maggiore attendibilità, limitando il rischio di interpretare in maniera errata segnali del corpo che rientrano nel repertorio comportamentale abituale.

    2. Le espressioni facciali

    Sono estremamente efficaci nel comunicare l’emozione che si prova in un determinato istante. Ekman sottolinea come possano essere volontariamente alterate attraverso alcune tecniche di controllo della mimica:

    Modulazione: rappresenta il tentativo di modulare l’intensità espressiva attraverso il controllo della contrazione dei muscoli facciali.

    Simulazione: è una tecnica di falsificazione nella quale si tenta di riprodurre la mimica facciale che caratterizza una particolare emozione.

    Neutralizzazione: è una tecnica di dissimulazione utilizzata per nascondere una espressione facciale. Solitamente si maschera una emozione simulando la mimica facciale di un’altra emozione (il sorriso è la maschera utilizzata più frequentemente).

    Le micro-espressioni facciali sono espressioni involontarie che durano al massimo un 1/25 di secondo. È estremamente difficile coglierle poiché vengono immediatamente neutralizzate dalla nostra parte conscia, e spesso si presentano prima o dopo aver risposto a una domanda chiusa per confermare o confutare ciò che abbiamo detto.

    3. Il contenuto verbale

    Una idea che si è particolarmente diffusa a causa di una cattiva interpretazione delle ricerche di Albert Mehrabian, è che il contenuto verbale abbia una importanza minima, paragonabile al 7% del totale della comunicazione, lasciando alla comunicazione para-verbale (38%), ed alla comunicazione non verbale (55%), il compito principale di veicolare i nostri messaggi.

    Come afferma lo stesso Mehrabian, le sue ricerche erano focalizzate sulla comunicazione di sentimenti e atteggiamenti. In tutte le altre situazioni il contenuto verbale rimane estremamente importante, e lo è ancora di più se si impara ad analizzarlo confrontandolo con i messaggi non verbali che lo accompagnano:

    “Vi prego di notare che questa e altre equazioni riguardanti l’importanza dei messaggi verbali e non verbali sono state ricavate da esperimenti che si occupano della comunicazione di sentimenti e atteggiamenti (ad esempio, simpatia-antipatia). A meno che un comunicatore non stia parlando dei suoi sentimenti e atteggiamenti, queste equazioni non sono applicabili.”
    (Albert Mehrabian)

    4. Il linguaggio del corpo

    Se le espressioni facciali sono rappresentative del tipo di emozioni provate, il linguaggio del corpo, e nello specifico i movimenti del corpo, sono indicativi della intensità dell’emozione.

    I principali gesti da osservare sono i gesti illustratori, con particolare attenzione ai movimenti delle mani. Se notiamo una diminuzione della gestualità rispetto alla baseline, questa può essere indice di menzogna.

    Un aumento della gestualità indica maggiore coinvolgimento emotivo e partecipazione al discorso, a patto che risulti naturale e coerente con il contenuto verbale, il tono della voce, e l’espressione del viso. Se assume una connotazione caricaturale rappresenta un forte indizio di bugia.

    Molti luoghi comuni assegnano un significato univoco  a gesti di adattamento come toccarsi il volto, la testa, cambiare postura, mordicchiare una penna. In questi casi, poiché è stato dimostrato che i gesti di adattamento sono estremamente personali, è fondamentale confrontarli con la baseline e valutarli sempre nel loro insieme.

    5. Lo stile verbale

    Esistono alcune caratteristiche dello stile verbale riconducibili alla menzogna. Luigi Anolli, psicologo italiano autore di Psicologia della comunicazione, attraverso i suoi studi ne ha identificato tre tipologie:

    Ambiguità e prolissità: stile caratterizzato da frasi lunghe, ricche di dettagli irrilevanti, di termini ambigui (forse, circa, quasi…), di generalizzazioni (tutti, nessuno, sempre, mai…), e di ipotesi (immagino che, penso, ritengo…).

    Assertività ed evitamento ellittico: stile che cerca di emulare lo stile assertivo, ma che in realtà evidenzia la volontà di dire il meno possibile. Le frasi sono brevi, incomplete, e ricche di pause.

    Impersonalizzazione: stile che si caratterizza per l’utilizzo della terza persona, quasi a sottolineare una presa di distanza da quello che si sta dicendo.

    6. La voce

    L’ultimo elemento che caratterizza la metodologia EtaC è la voce. Attraverso il tono, l’intensità, e il ritmo, può aggiungere grande significato alle parole che vengono dette, e le emozioni sono in grado di alterare tutte queste caratteristiche.

    Consigli di lettura

    I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali (Paul Ekman)

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