Come pensare positivo (senza pensare positivo)

    come pensare positivo
    • Aggiornato il: 31-01-2023

    Come pensare positivo (senza pensare positivo)

    La risposta scientifica ai falsi miti del pensiero positivo, che alimentano l’insicurezza e l’infelicità delle persone.

    “Chi desidera vedere l’arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia.”
    (Paulo Coelho)

    Per la moderna società occidentale, se non siete costantemente felici c’è qualcosa che non va…

    La maggior parte dei manuali di self-help invitano a pensare positivo, consigliano di ignorare qualsiasi forma di pensiero o di emozione negativa, suggeriscono che se lo si desidera ardentemente sia possibile raggiungere qualsiasi risultato, e spesso confondono la disponibilità economica con la possibilità di vivere una vita ricca e significativa.

    Stare bene con se stessi evitando di preoccuparsi della felicità, significa innanzitutto chiarirsi le idee sul significato di questo termine, ed accettare che la vita, per sua natura, è un insieme di esperienze che includono anche situazioni di incertezza, delusioni e fallimenti, tutti elementi da cui trarre preziosi insegnamenti.

    I falsi miti del pensiero positivo

    “Se cerchi di stare a galla, vai a fondo; se invece cerchi di immergerti, galleggi… questa insicurezza è proprio il risultato dei nostri tentativi di sentirci sicuri.”
    (Alan Watts, legge d’inversione)

    Il grande pregio del pensiero positivo, ne rappresenta anche il peggior difetto. Nel breve termine l’esercizio dell’ottimismo irrazionale, è in grado di creare una visione illusoria che genera grande motivazione, salvo poi scontrarsi con le dure leggi della realtà.

    Se facessimo un ulteriore passo indietro, dovremmo chiederci quanto la rincorsa ad un continuo stato di felicità sia un obiettivo auspicabile e raggiungibile. La risposta della psicologia evoluzionista, è che all’evoluzione non interessa particolarmente quanto siete felici, poiché il cervello umano nasce con due obiettivi principali: sopravvivere e riprodursi.

    Come sottolineava il filosofo John Stuart Mill: «Chiediti se sei felice e cesserai di esserlo». La felicità è un insieme di attimi sfuggenti che non possono essere osservati direttamente, ed acquistano forza nei ricordi, motivo per cui le memorie della felicità passata sembrano essere sempre più nette rispetto allo stato di felicità riferito al momento presente.

    Per approfondire: Qui ed ora: vivere il momento presente

    La via negativa alla felicità

    “Se ti sforzi di non pensare a un orso bianco potrai imporre alla mente di orientarsi altrove, ma allo stesso tempo metterai in moto un meccanismo di monitoraggio metacognitivo che cercherà di stabilire se ci stai riuscendo oppure no.”
    (Oliver Burkeman)

    Immaginate vi venga chiesto di non pensare ad un orso bianco per un minuto. Se accettate la sfida, noterete immediatamente quanto l’orso bianco diventerà il protagonista principale dei vostri pensieri. Tale fenomeno rispecchia il modo in cui funziona la nostra mente: se le imponiamo di non pensare a qualcosa, per verificare se veramente non ci stiamo pensando, dovrà pensare a quel qualcosa.

    Il meccanismo descritto è un effetto della metacognizione, una facoltà di cui è dotato l’essere umano, che gli consente di distanziarsi, osservare e riflettere sui suoi contenuti mentali. L’io non è ciò che pensiamo sia. Non esiste un elemento centrale del cervello nel quale tutte le cose si incontrano, ma funzioni cerebrali che operano in maniera distribuita, dando vita a quell’insieme di sensazioni, pensieri ed emozioni, che affollano quotidianamente la nostra testa.

    I pensieri acquistano forza quando ci identifichiamo con essi. Se considerate che il cervello umano non è progettato per non pensare, la soluzione alla trappola dei pensieri non consiste nello svuotare la mente, o nello sforzarsi a tutti i costi di pensare positivo, ma nell’imparare ad osservare in maniera dissociata i propri contenuti mentali, una forma di disidentificazione che consente di limitarne il condizionamento e valutarne l’utilità in funzione della propria scala di valori.

    Per approfondire: La defusione cognitiva

    La precondizione della vera felicità

    “Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta.”
    (Khalil Gibran)

    Il primo passo per costruirsi una vita ricca e significativa, consiste nell’accogliere deliberatamente ciò che si ritiene negativo. Secondo la corrente filosofica dello stoicismo, non sono gli eventi negativi a generare dolore, ma l’interpretazione soggettiva associata a tali eventi, una interpretazione strettamente correlata al proprio sistema di credenze.

    Già ai tempi di Seneca, alcune tecniche di psicologia inversa come la valutazione dello scenario peggiore, rappresentavano dei normali esercizi di riflessione per lo sviluppo di una maggiore consapevolezza. Invece che affannarsi ad ignorare le ipotesi peggiori cercando a tutti costi il bicchiere mezzo pieno, è molto più conveniente guardarle direttamente in faccia.

    Il primo vantaggio sarà quello di disinnescare gli effetti dell’«adattamento edonistico», il fenomeno per cui si tendono a dare per scontate le cose importanti della vita considerate ormai acquisite. La consapevolezza di uno scenario in cui si potrebbe perderle, rappresenta un ottimo stimolo per rivalutarne l’importanza.

    Il secondo vantaggio è che ci affideremo meno alle rassicurazioni. Se è vero che l’essere umano cerca sicurezza nei pensieri positivi, è altrettanto vero che le rassicurazioni rappresentano un’arma a doppio taglio. Quando le cose non vanno come ci si aspetta, si è meno pronti ad affrontare la situazione, si diventa meno resilienti, ed iniziano a presentarsi sensazioni di ansia su ciò che potrebbe accadere nel prossimo futuro.

    Per approfondire: WOOP (Wish Outcome Obstacle Plan)

    La teoria del non attaccamento

    “In verità la ricerca della certezza interdice la ricerca del significato. L’incertezza è appunto la condizione che costringe l’uomo a sviluppare i propri poteri.”
    (Erich Fromm)

    Una componente fondamentale della via negativa alla felicità, trae spunto dalla teoria buddista del non attaccamento, secondo cui la causa di ogni sofferenza umana si alimenta del tentativo di preservare ciò che amiamo, evitando tutto ciò che genera insicurezza.

    Poiché nell’ottica buddista il dolore è parte integrante della vita, e per effetto dell’impermanenza ogni cosa che amiamo prima o poi è destinata a finire, risulta più conveniente focalizzarsi ed apprezzare il momento presente, piuttosto che disperdere preziose energie per cercare di controllare gli eventi futuri.

    Praticare il non attaccamento significa liberarsi del condizionamento delle narrazioni mentali, per affrontare la vita con maggiore consapevolezza, entusiasmo, e minor giudizio su come dovrebbero o non dovrebbero andare le cose nel futuro.

    Elemento fondamentale per la pratica di questa filosofia di vita, è comprendere la differenza fra accettazione e rassegnazione. Accettare significa essere consapevoli della situazione, saper identificare cosa non è sotto il nostro diretto controllo, e cosa potrebbe essere cambiato in meglio, ed è proprio da queste premesse che nasce il coraggio di affrontare la vita con intraprendenza.

    Per approfondire: Il coraggio di osare

    Consigli di lettura

    La legge del contrario: Stare bene con se stessi senza preoccuparsi della felicità. (Oliver Burkeman)

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